Spesso mi imbatto in persone che parlano di Yoga, che approcciano lo Yoga, che praticano Yoga. E ogni volta che mi capita mi piace credere che, nonostante il CONI abbia messo lo Yoga nella serie delle ginnastiche del benessere, non ci si fermi a quello.
Possiamo pensare che lo Yoga sia uno dei tanti modi per “allungare”, per fare “stretching”, per rendere la muscolatura tonica, magari per provare a risolvere un mal di schiena o per trovare conforto in situazioni fisiche critiche, ma non penso che chi approcci allo Yoga lo faccia solo per un mero discorso corporeo, non ci credo.
E forse questo lo può dimostrare in parte anche la statistica. C’è tantissima gente che per fare movimento va a correre, che per tonificare il corpo va in palestra, che per questi motivi o anche solo per puro piacere approcci una qualsiasi pratica sportiva. Ce ne sono tantissime! Perché però una persona dovrebbe, tra tutte queste offerte, scegliere proprio lo Yoga?
Mi viene in mente la piramide dei bisogni di Maslow.
Il fatto di fare sport potrebbe rientrare nel bisogno di migliorare la propria condizione fisica, la propria salute (bisogno di sopravvivenza). Potrebbe essere un modo per modificare il fisico in modo da piacersi di più così da sentirsi più sicuri con gli altri e quindi meglio accettati (bisogno di relazione). Potrebbe perfino essere un modo per socializzare, fare nuovi incontri e amicizie e perché no, entrare in relazione più intima con una persona in particolare (sempre bisogno di relazione).
E la scelta dello Yoga può essere classificata solo in queste categorie?
Una volta posi questa questione ad un gruppo che con me si era ritirato sui monti della Val di Taro. Si parlava proprio di bisogni. Perché partecipare ad un ritiro di Yoga? Che bisogno veniva soddisfatto essendo lì? Certo la voglia di staccare un po’ la testa, magari nella natura, magari facendo delle pratiche salutari, magari per fare un po’ il punto della situazione visto che facevamo anche dei lavori piuttosto introspettivi.
Che bisogno soddisfano tutte queste cose? Una cara amica rispose in modo molto chiaro. Un bisogno di tipo spirituale, ovviamente! Quello in cui ci eravamo ritirati era uno spazio cui aderivano persone con la voglia di entrare più in profondità, di stare in silenzio, magari per sentire una voce più sottile.
Spiritualità.
Termine a volte scomodo, raro argomento delle nostre conversazioni nonostante la potente rivoluzione New Age.
E per “nostre” intendo di noi che, ad esempio, facilitiamo pratiche come lo Yoga.
Discutiamo tantissimo di postura, dei grandi insegnanti, del portare questa o quella tecnica.
E ci riduciamo a tradurre Yoga con Asana. E facciamo fatica a parlare di Dio.
Non citiamo quasi più Patanjali, figuriamoci la Gita o Yogananda. Andrebbero letti un po’ di più.
Andrebbero letti e basta.
La pratica non può prescindere, per quanto non lo si voglia ammettere, dal fatto che siamo lì per un motivo più alto, chiamati a qualcosa di più che l’essere in forma.
La pratica dello Yoga non può definirsi laica, men che meno agnostica.
